Le tragedie della fame

No, non pubblico la foto di Lavness.
No! Non voglio usarla per suscitare compassione!
Sì, l’ho fotografata sul suo letto di sofferenza ma solo per chiedere ad un medico di insegnarmi a distanza come poterla aiutare.
Sì, vi racconto cosa le è successo per scuotere le coscienze di chi non ha ancora capito cosa sia la fame, quella vera, quella che ti costringe a mangiare persino la sabbia, quella che ti toglie la dignità, quella che, quando morde, costringe i bambini ad arrangiarsi con quello che offre la natura.
Lavness, poco più di un anno di età, ancora aggrappata al seno della mamma che se la porta con sè ovunque. Ma non quel giorno!
Quel sabato, la mamma di Lavness deve andare a prendere l’acqua, non è tanto lontano così affida la piccola agli altri bambini, la appoggia per bene sulla schiena di una cuginetta, la fascia con la “kanga” e, secchio in testa, procede spedita verso il pozzo.
È mattina inoltrata e i bambini non hanno fatto colazione, il giorno prima non è avanzata nemmeno un po’ di polenta e hanno fame, così decidono di arrivare fino al grosso baobab carico di buoni semi e incominciano a buttarli giù a sassate.
Non si accorgono che l’albero è abitato da un enorme sciame di api che, disturbate, partono tutte all’attacco dei piccoli.
È un fuggi fuggi fra urla di dolore, tutti sono punti da un gran numero di api e riescono a scappare lontano ma, la bimba con Lavness sulla schiena non ce la fa a correre veloce e, per cercare di difendersi, la piccola le cade per terra e lei fugge, fugge lontano da quel supplizio.
La mamma chiamata a gran voce arriva trafelata e…. nulla può fare, anche lei viene attaccata ferocemente poi, alla gente che accorre si presenta uno spettacolo sconvolgente, Lavness ha il viso e la testa completamente ricoperti dalle api.
Basta, non vi racconto i particolari di come, nel piccolo ospedale di Hombolo, le sue condizioni siano peggiorate giorno per giorno, poi, finalmente, l’hanno portata all’ospedale della città dove sta lottando per la vita.
Siamo tutti con te, piccolina! Sei forte, io lo so perché quando ti medicavo e ti toglievo centinaia di pungiglioni, non ti lamentavi nemmeno!
Ti voglio bene,
Maria Carla

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