Elvira , Aprile 2010

Conosco Mariacarla da tanti anni e l’ho sempre ammirata molto per la scelta coraggiosa e certamente non facile che ha fatto qualche anno fa, quando è rimasta vedova ed ha deciso di trasferirsi ad Hombolo.

Ho sempre pensato che mi sarebbe piaciuto andarla a trovare, per capire meglio ciò che lei e la sua associazione stavano realizzando, ma non ho mai avuto l’occasione o il coraggio di farlo veramente, fino a quando i primi mesi di quest’anno (2010) mi sono decisa: il momento giusto era arrivato ed il 2 aprile sono partita per un viaggio che mi avrebbe cambiato profondamente, per sempre!

Voglio condividere con voi alcuni passi del “diario” che scrivo durante ogni viaggio e che in questa occasione mi è servito più che mai per non essere totalmente sopraffatta ogni sera dall’emozione e dall’intensità di quello che stavo vivendo ad Hombolo.

“ Dopo una buona colazione partiamo con la moto di Mariacarla, lei alla guida ed io dietro sul sellino posteriore..

La prima sosta che Mariacarla fa tutte le mattine è vicino a casa, dove sono stati costruiti il pozzo, il mulino ed il frantoio. Nell’edificio del frantoio una stanza è stata adibita ad ambulatorio, dove Mariacarla si ferma tutte le mattine per prestare delle cure di prima necessità a chi si presenta, valutando se poi è il caso di mandare l’ammalato al dispensario ed in questo caso gli viene dato del denaro per potervi accedere. Per lo più arrivano mamme con bambini, la maggior parte afflitti da problemi di pelle. I neri infatti hanno la pelle molto delicata e dovrebbero usare una crema tutti i giorni, molto unta, che naturalmente qui la gente non si può permettere per cui la pelle si rovina. Molti bambini hanno la pelle rovinata per l’acqua che usano per lavarsi (chi si lava) e molti arrivano con delle ustioni più o meno gravi, dovuto al fatto che nelle case fanno il fuoco per cucinare lasciandolo incustodito e quindi facile preda dei bambini.

 Al termine dell’ambulatorio iniziamo il giro per visitare alcuni bambini adottati. Molti bambini vengono abbandonato dai genitori, soprattutto se uno dei due muore, fortunatamente se ne prendono cura gli zii o i nonni, ma spesso capita che una nonna debba badare e dare da mangiare a 8/10 bambini. Le case sono di una povertà inimmaginabile, costruite con mattoni in fango che spesso, durante la stagione delle piogge, si sgretolano. All’interno non c’è nulla, si dorme sul pavimento. I bambini usano i vestiti che hanno indosso fino a quando, letteralmente, non si sgretolano, questo anche perché non c’è l’abitudine di lavarli. Mariacarla mi dice che molti di loro usano per settimane e mesi lo stesso vestito, giorno e notte.

Continuiamo il nostro giro delle famiglie dei bimbi adottati, in una delle case ci vengono offerte anche delle pannocchie arrostite: non hanno nulla ma il senso dell’ospitalità non manca. Una delle visite è a John, il bambino che abbiamo adottato a distanza diversi anni fa: quando lo vedo sono emozionatissima e non riesco a trattenre le lacrime. La nonna di John quando capisce che sono “la mamma italiana’ di John, mi corre incontro e mi abbraccia. “

Passando per le strade di Hombolo, quando i bambini riconoscono la moto iniziano a gridare ‘Mariacarla, Mariacarla’ ! Arriviamo all’asilo e veniamo accolti dai bambini che ci corrono incontro; appena scendiamo dalla moto veniamo circondate da decine di bambini, tutti vogliono che li prendiamo per mano ed iniziano a cantilenare ‘ciao, ciao’: la sensazione che si prova non è descrivibile e la mia paura più grande è di non riuscire a trasmettere al mio rientro, la gioia che si prova abbracciando uno di questi bambini, guardando il loro sorriso! Devo riuscire assolutamente a fare di più per i bambini di Hombolo! Meritano una vita migliore, e per loro una vita migliore significa anche potere mangiare almeno due volte al giorno. Qui se e quando mangiano, lo fanno una volta al giorno, solitamente verso le tre del pomeriggio; il pasto consiste in una specie di polenta che intingono in un’erba selvatica, la mlenda e questo è spesso l’unico pasto che le famiglie di Hombolo conoscono. Mariacarla mi dice che i primi tempi che era ad Hombolo quando chiedeva a qualche donna che cosa stesse cucinando, queste la guardavano sorpresa rispondendo: “cibo”! I bambini all’asilo arrivano per la colazione, giocano ed imparano delle nozioni prescolari, pranzano e verso le due vanno a casa. Mangiano alternato riso e piselli secchi oppure polenta e fagioli ed una volta alla settimana, il mercoledì, carne.

Secondo me poca gente si rende conto che con soli 200/300 euro all’anno si mantiene una famiglia per un anno, ed inoltre si provvede al mantenimento dei costi del bambino per gli studi nella scuola primaria (dai 7 agli 14 anni). Certe volte bisognerebbe veramente farsi un esame di coscienza, rinunciare ad un vestito in più ed ad una cena ed ecco trovati i soldi per aiutare i bimbi di Hombolo.

Gli abitanti di Hombolo sono della tribù di Gogo, ogni villaggio appartiene ad una tribù diversa. Ogni bambino viene sottoposto alla circoncisione e purtroppo è ancora in uso, per le bambine, la pratica dell’infibulazione, soprattutto le bimbe affidate alle nonne. La prospettiva di vita qui è di circa 40/45 anni, media che viene abbassata a causa dell’elevato tasso di mortalità infantile.

Oggi sveglia presto perché dobbiamo andare a Dodoma a ritirare la fornitura semestrale sovvenzionata dalla WAP (FAO) e a fare scorta di mais, fagioli, zucchero e quant’altro serva sia per l’asilo che per i bambini adottati e loro famiglie. Alle famiglie dei bambini adottati vengono dati mensilmente 20.000 scellini (circa 10 euro), del riso, fagioli e zucchero; quindi con l’adozione non si aiuta solo il bambino ma anche la sua famiglia. Viene inoltre distribuito del detersivo anche se guardando i vestiti dei bambini non si capisce per cosa lo usino. I vestiti non vengono lavati quasi mai e se li tengono addosso fino a quando non cadono letteralmente a brandelli.

Quello che mi colpisce maggiormente è il fatto che in qualche modo si lasciano vivere, non hanno assolutamente cura delle cose e tantomeno dei vestiti. Mi è già capitato di vedere la povertà in diversi paesi del mondo, ma rendersi conto così da vicino come vivono tante persone, come affrontano la vita con assoluta rassegnazione fa veramente male.

L’’ammirazione nei confronti di Mariacarla, se possibile, è ancora aumentata: il lavoro che svolge richiede tantissima energia fisica ma soprattutto tanta energia ed equilibrio mentale. Vivere giornalmente a contatto con una realtà così sconsolante è una grande prova, mi chiedo se a volte, non si senta completamente sfiduciata, vedendo che è un lavoro senza fine. Certamente deve essere grande la gioia di sapere di riuscire almeno in parte a sfamare i bambini, e riuscire a dare a qualcuno di loro la possibilità di un’istruzione, che comunque è la base per un miglioramento ed una crescita del paese.

Questa mattina mi sono svegliata con un velo di tristezza nel cuore, ancora prima di partire da Hombolo ne sento già la nostalgia. È una sensazione molto strana da spiegare, non si può certo dire che sia un luogo piacevole eppure ti entra nel cuore: i bambini, i loro sorrisi, la tristezza che si legge negli occhi di alcuni, rimarranno per sempre impressi nella mia mente e nel mio cuore. Non si può venire qui e rimanere insensibili; qui la gente ha fame, ma fame vera. Se non hanno soldi, non possono andare al mulino a macinare il grano (quando il povero raccolto lo consente) e quindi non mangiano quell’unico povero pasto che riescono a fare al giorno.

So già che Hombolo mi mancherà, sembra assurdo se penso alla realtà che si deve affrontare tutti i giorni, eppure è proprio così, nonostante la crudezza della vita con la quale si viene a contatto, Hombolo mi mancherà e so che ci tornerò presto!